Idi di luglio

I grandi festeggiamenti erano finiti la sera precedente, col favoloso banchetto in costume offerto da Pomponia, che per l'occasione si era presentata nei panni di Iside Rigeneratrice, al fianco di un Servilio abbigliato da faraone.

Nella domus di Aurelio, tuttavia, l'atmosfera risentiva ancora dell'imprevedibile defezione di Xenia: Castore, nervoso, andava aggirandosi per i corridoi, lugubre come una giovenca davanti all'ara del sacrificio.

- Suvvia, non riesco a credere che ti importasse tanto di lei - cercava di consolarlo Aurelio.

- Ah, domine, che mani aveva... dolci nelle carezze e leggerissime nello sfilare la borsa! Infatti se ne è andata coi miei risparmi, spariti insieme ai ricordi più cari, e tutte le fibule che ti avevo rubato in tanti anni di onorato servizio!

- Ti rifarai col regalo che ti ha fatto l'imperatore - lo rincuorò il patrizio, felicissimo in cuor suo che la ladruncola avesse scelto Gallico, anziché il suo segretario, o, peggio ancora, il suo onesto amministratore. - E poi tra pochi giorni partiremo per Baia, dove avrai modo di consolarti: alle terme ci sono un mucchio di signore pronte a farsi corteggiare.

- Non posso aspettare Baia, sono troppo giù. Mi ci vorrebbe un diversivo subito: sarebbe carino, da parte tua, procurarmi qualche distrazione...

- Che ne dici di una visita al lupanare, Castore? Scegliti la ragazza che vuoi.

Il greco lo guardò scandalizzato.

- Mi fai un uomo dappoco, padrone, se pensi che una lupa puzzolente possa sostituire nel mio cuore l'inimitabile Xenia!

- Allora una donna più fine, un'etera, magari...

Castore risorse improvvisamente a nuova vita: - Pensavo a Cinzia, domine; ci si potrebbe andare assieme!

- Ma è la cortigiana più cara di tutta Roma. Tra i suoi clienti ci sono soltanto ministri e senatori... - tentò debolmente di protestare Aurelio, pur già sapendo che avrebbe ceduto alla richiesta.

- Benissimo, vado a mettermi la tunica e partiamo! - scattò il greco, vispissimo.

“Quel commediante non ha certo il cuore infranto come vorrebbe farmi credere”, meditava Aurelio. “Per Paride, sì, invece, è stato proprio un brutto colpo: poveretto, si era fatto tante illusioni”. Da tre giorni, infatti, l'intendente se ne stava rintanato in camera sua, come una bestia ferita...

E la bestia ferita apparve in quel momento sulla porta,  abbigliata con la veste verde identica a quella di Castore, unico ricordo dell'amata infedele. Il viso glabro e smunto appariva molto provato dalla disgrazia, ma nel profondo degli occhi dolorosi si leggeva una nuova, sconosciuta risolutezza.

- Ho sentito dove andate: tornerete tardi, immagino.

- Non preoccuparti, Paride; va' pure a letto subito, non occorre che ci aspetti - lo liquidò in fretta Aurelio che, ben conoscendo il pensiero del morigerato intendente sulle cortigiane, desiderava evitare l'ennesima reprimenda.

- Non è questo, padrone... - esitò il liberto.

- Dimmi pure: hai bisogno di qualcosa, una tisana sonnifera, un tonico? - consigliò il patrizio, premuroso, non osando offrire il conforto di un buon nappo di vino al frugale amministratore, rigorosamente astemio.

- Veramente, pensavo... - L'intendente si fece paonazzo, poi farfugliò qualcosa di incomprensibile.

- Come? - chiese Aurelio, che non aveva afferrato.

Paride raccolse tutto il fiato che aveva in gola per emettere un solo, breve sussurro. - Ecco, mi chiedevo se non potessi per caso venire con voi - sputò alla fine, abbassando il capo per nascondere l'imbarazzo.

Aurelio spalancò la bocca, esterrefatto.

All'improvviso si udì un tonfo sordo, vicino alla porta: Castore, giunto sulla soglia in tempo per sentire la strabiliante richiesta di Paride, era stramazzato al suolo, svenuto.

Poco dopo, la lunga processione di nomenclatori, salutigeruli e flabelliferi si accingeva a mettersi in moto.

Aurelio aprì gli specularia di vetro opaco della lettiga nuova fiammante e prese posto tra i due liberti, splendenti nella seta verde.

- Largo alla lettiga del senatore Stazio! - gridarono gli annunciatori, agitando i funalia.

Tutto sommato, era destino che quella stoffa finisse in casa di Cinzia, pensò il patrizio, allegro, mentre il corteo preceduto dalle torce cominciava a snodarsi per le strade affollate e chiassose della capitale del mondo.

Morituri te salutant
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